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Problematiche
Vi sono alcune problematiche generalmente sottostimate che possono
presentarsi nella disassuefazione e condizionarla fortemente.
La decisione di smettere
Quali problematiche può suscitare la decisione di smettere
di fumare con la sua proposta di irreversibilità? Quali paure
può suscitare? Smettere di fumare può offrire una
qualità di vita migliore con il recupero e l’ottimizzazione
di molte funzioni fisiologiche ma anche la rottura di equilibri
preesistenti, pur dannosi, ma percepiti come stabili e sicuri, può
essere percepita come un rischioso viaggio verso l’ignoto.
Mentre non sono ancora ben definiti né immediati i vantaggi
della nuova scelta, certe sono le difficoltà da affrontare
giorno dopo giorno, specie quando il fumo continua ad essere presente
nell’ambiente familiare che, fonte di tentazione continua,
può facilitare e stimolare la ripresa di un’abitudine
da breve tempo interrotta e non ancora superata.
Il successo della terapia
Anche il successo raggiunto con la terapia, sia esso l’astensione
totale o una netta riduzione del fumo, può creare impreviste
difficoltà.
Possono rapidamente emergere atteggiamenti e comportamenti
disturbanti, cui il soggetto aveva fatto fronte col fumo,
non facili da gestire in maniera alternativa: la loro comparsa può
generare ansia, disagio, confusione, rifiuto alla prosecuzione della
terapia e infine il suo abbandono.
L'ambiente familiare
Situazioni particolari possono svilupparsi nell’ambito
familiare sia durante la disassuefazione che nei tempi
successivi. Un rapporto di coppia positivo aumenta le possibilità
di successo sia che la decisione di interrompere il fumo riguardi
entrambi i coniugi contemporaneamente o uno solo inizialmente, cui
l'altro farà seguito, o esclusivamente.
Imprevisti conflitti possono nascere se di due coniugi, entrambi
fumatori, uno solo riesce a raggiungere l'astensione: il successo
ottenuto può trasformarsi in mezzo sostitutivo per esprimere,
attraverso l’intolleranza al fumo residuo del coniuge, dissenso
o rifiuto per situazioni di disagio esistenziali preesistenti che
il fumo mascherava o aiutava ad assorbire.
Il tentativo di astensione può anche esasperare ruoli di
controllo o atteggiamenti provocatori già presenti nell’ambiente
familiare verso il fumo da parte del coniuge e dei figli, che possono
determinare il fallimento della disassuefazione.
La stabilizzazione degli apprendimenti
Le difficoltà, maggiori nell’età avanzata,
a stabilizzare apprendimenti nuovi tendono a facilitare
la ricomparsa automatica, di fronte a sollecitazioni anche minime,
dei comportamenti precedenti condizionanti e condizionati dal fumo:
diventa allora necessario ricordare i risultati già raggiunti:
salute, benessere, risparmio economico, autostima, scomparsa dell’odore
di fumo, libertà psicologica, che possono facilitare la persistenza
dell’astensione.
La depressione
Attenzione estrema richiede la presenza di tendenze depressive
o depressione in atto, in terapia o meno: il fumo può avere
una valenza antidepressiva importante anche se non è ancora
noto con esattezza quale meccanismo neurofisiologico vi sottenda.
Spesso nei primi due mesi di astensione, e con maggior incidenza
nelle prime due settimane, tendono a presentarsi, specie in persone
anziane, lievi stati depressivi, la maggior parte a risoluzione
spontanea: si evidenziano una momentanea e variabile perdita d’interesse
verso l’ambiente circostante, alterazioni del sonno, inerzia
decisionale, difficoltà nell’affrontare le situazioni
esistenziali abituali. Questa risposta psico-comportamentale, quando
presente, segua essa una decisione spontanea di astensione o sia
il risultato di un intervento che si sia disinteressato delle componenti
psicologiche del fumo (agopuntura, elettrostimolazione, cerotto
o chewing-gum alla nicotina), può spiegare e giustificare
la ricaduta dell’abitudine e sottolinea la necessità
di una continuità terapeutica per ottenere risultati duraturi.
Non è sempre facile definire quanto la situazione depressiva
sia unicamente riconducibile alla sindrome d’astinenza, quanto
atteggiamento di personalità cui il fumo offre risposte adattive,
quanto ricomparsa di una depressione, in precedenza compensata o
mascherata.
Nel primo caso, nel corso di due mesi al massimo, le tendenze depressive
spontaneamente si esauriscono e il soggetto vive con soddisfazione
ancora maggiore il risultato raggiunto; se questo non avviene diventa
indispensabile una valutazione dei modelli esistenziali del paziente:
la loro insufficienza o inadeguatezza può giustificare la
persistenza di momenti depressivi reattivi, attenti pur sempre al
manifestarsi di una componente endogena che può beneficiare
di una terapia farmacologia appropriata.
Le comorbilità di accompagnamento
Alcune comorbilità di accompagnamento (DAP,
disturbi del comportamento alimentare, patologia fobica ossessiva)
rendono l’intervento di astensione decisamente complesso per
la patologia di fondo presente, anche se la richiesta è unicamente
l’eliminazione della dipendenza tabagica.
I disturbi del comportamento alimentare
Fra le varie modifiche legate all’astensione dal fumo merita
attenzione il quasi inevitabile aumento di peso,
anche se statisticamente limitato a due-tre chili.
Potenziale fonte di ansia, specie nel sesso femminile, in personalità
normalmente strutturate, può essere psicologicamente accettato,
contrastato nel suo sviluppo dall’ipnosi stessa, annullato
infine nel tempo da prescrizioni dietetiche e comportamentali di
facile esecuzione.
Se il fumo è però già risposta a disturbi
del comportamento alimentare, questi richiedono un’attenzione
particolare e immediata perché, se ignorati o sottovalutati,
possono portare a rapidi aumenti di peso e alla ricaduta nella dipendenza.
All’ipnosi può essere affidato in patologie simili,
oltre all’eliminazione del fumo, anche il compito più
complesso di affrontare le problematiche alimentari presenti. Inserita
in una psicoterapia adeguata, essa permette spesso di ridurre o
eliminare l’ingestione eccessiva di cibo, il più delle
volte precedente l’abitudine al fumo.
Permettendo strategie di controllo estremamente efficaci, il fumo
si è mantenuto e radicato nel tempo come risposta ottimale
per annullare la sensazione di fame: si è trasformato in
cibo ideale esaudendo tutte le caratteristiche di un cibo (gusto,
oralità, piacere, ritualità psicologica relazionale
complessa) eccetto che le potenzialità caloriche non solo
nulle ma addirittura negative per il metabolismo corporeo. Il fumo
si propone inoltre per l’azione ansiolitica ed antidepressiva
della nicotina, mezzo eccellente per affrontare e contenere problematiche
esistenziali importanti cui il soggetto avrebbe altrimenti dato
risposta nel cibo: ne viene esaltata ulteriormente la funzione di
controllo, il che ne rende difficile, rischiosa, inaccettabile la
perdita.
Il disturbo da attacchi da panico
Nel disturbo da attacchi di panico la sigaretta
può essere percepita come mezzo di sedazione dell’ansia,
fonte di sicurezza, strumento per ridurre la frequenza e controllare
gli attacchi di panico, possibile profilassi infine agli attacchi
stessi: è assai difficile che il paziente, pur volente, riesca
a interrompere il fumo se prima non si è risolta la patologia
di fondo e le problematiche esistenziali ad essa correlate.
Le fobie
L’atteggiamento fobico o la presenza
espressa di fobie con la tendenza all’ipercontrollo
che l’accompagna, è solo in casi rari una controindicazione
assoluta alla disassuefazione: esige però, sin dall’inizio,
un intervento estremamente attento perché elevate sono le
possibilità di insuccesso.
Diventa essenziale, attraverso un’anamnesi accurata, valutare
l’origine, la qualità e il significato delle componenti
fobiche: la richiesta di astensione può trasformarsi in un’occasione
per discuterle ed affrontarle. Il fumo può essere ritenuto,
per lo stato di benessere e “lucidità” che determina,
ausilio indispensabile per attivare ed ottenere un controllo efficace
su fatti e circostanze, esigenza essenziale della personalità
fobica.
Anche se è assai dubbio che questo venga effettivamente
raggiunto, di sicuro la scelta è conferma di una sempre più
netta perdita di controllo, quella sul fumo, alla radice della personalità
dipendente. Questa realtà, spesso inizialmente negata o volutamente
ignorata, può evidenziarsi nei momenti più imprevisti
suscitando disagio profondo: a tale scoperta può essere data
risposta con un ulteriore aumento del fumo in un circolo vizioso
autoalimentantesi; la frase “più fumo più sono
ansioso, più sono ansioso più fumo” ne è
spesso espressione finale che accompagna il dover constatare, con
rabbia o rassegnazione secondo i momenti, la perdita totale di controllo
sul fumo.
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